Sociale: gli inquilini di Palazzo Moffa chiedono interventi sulla partecipazione attiva delle famiglie

11 Novembre 2020 0 Di

(PressMoliLaz) Campobasso, 11 nov 20 L’Assemblea ha iniziato l’esame della proposta di legge n° 101, di iniziativa del Consigliere Calenda, concernente: “Istituzione Consulta della Famiglia”. Ha illustrato l’iniziativa legislativa il Relatore, Consigliere Cefaratti. Sono quindi intervenuti per esprimere le proprie posizioni politiche a riguardo i Consiglieri Primiani, Manzo, Calenda, Fanelli e Facciolla. La pdl è stata quindi approvata con 11 voti favorevoli e 8 contrari. In particolare la nuova legge prevede l’istituzione della Consulta regionale della famiglia che è chiamata a svolgere funzioni di impulso e sostegno alla realizzazione, da parte dell’Amministrazione regionale, di politiche rispettose del principio di sussidiarietà e dei diritti della famiglia, con funzioni consultive, propositive nonché attività collaborative per le politiche e gli interventi che la Regione rivolge alle famiglie.

La Consulta persegue le finalità di: a) promuovere e salvaguardare i valori della famiglia, quale luogo simbolico dove si promuove la crescita, lo sviluppo, il sostegno e il benessere di tutti i componenti il nucleo familiare; b) favorire la partecipazione attiva della famiglia alla vita culturale, sociale e politica; c) favorire, in sinergia con l’Amministrazione regionale, politiche familiari che tutelino e sostengano le funzioni e i diritti della famiglia, favorendo interventi che permettano e/o agevolino la permanenza dei suoi componenti all’interno della struttura familiare; d) facilitare il confronto tra diverse esperienze in materia di politiche per la famiglia; e) promuovere iniziative tra Amministrazioni e territorio che rendano la comunità e le istituzioni più sensibili nei confronti della famiglia; nonché adeguate ai bisogni della famiglia; f) promuovere relazioni tra i diversi soggetti, istituzionali e non, che operano sul territorio regionale; g) esprimere, quando richiesto, pareri su tutte le materie di competenza regionale che riguardano le politiche familiari ed i relativi servizi. Sono organi della Consulta il Presidente, due vice Presidenti, il Segretario e l’Assemblea generale.

Fanno parte della Consulta regionale della Famiglia i delegati degli Ambiti sociali territoriali, il delegato dell’Assessorato alle politiche sociali, il delegato dei Consultori familiari dell’ASREM, il delegato dell’Ufficio Scolastico regionale, il delegato dell’ANCI, i delegati dei maggiori comuni (Campobasso, Termoli, Isernia, Larino, Bojano, Trivento, Riccia, Castelmauro), le associazioni iscritte nel Registro Unico del Terzo Settore (previa loro specifica richiesta) che svolgono attività senza scopo di lucro e che operino in modo continuativo per almeno due anni sul territorio regionale, aventi nello statuto attività in favore del nucleo familiare.

La Consulta, che ha durata triennale, ha quali organi: un Presidente, due Vicepresidenti e un Segretario. Il Presidente della I Commissione Andra Di Lucente ha poi illustrato, con una relazione riassuntiva, le risultanze dell’indagine conoscitiva svolta ai sensi dell’art. 20 della Legge di stabilità regionale, la n. 4 del 2019, compiuta dalla sua Commissione e conclusa nel dicembre dello stesso anno. Ne è seguito un dibattito in cui sono intervenuti i Consiglieri Fanelli e Greco. Il Consiglio ha quindi votato all’unanimità la presa d’atto delle risultanze dell’indagine condotta alla I Commissione.

Nello specifico Di Lucente ha spiegato che il mandato ricevuto dal Consiglio con la legge 4/2019 era quello svolgere un’indagine sullo stato dell’arte delle liquidazioni dei singoli enti e, eventualmente, proporre al consiglio un percorso da seguire per l’ultimazione della procedura. “L’indagine conoscitiva – si è rilevato ancora nella relazione della Commissione- è partita dall’attuale quadro normativo entro il quale potersi muovere.

Dopo la messa in liquidazione delle Comunità Montane il percorso individuato dalla legge regionale era quello dell’associazionismo tra comuni, affinché i servizi potessero essere gestiti per conto di più territori, ottimizzando le economie di scala ed evitando particolarismi che avrebbero danneggiato il servizio stesso. Al contempo, la sede individuata come ottimale affinché questo associazionismo possa prendere forma erano le Unioni dei Comuni, organismi che, di fatto, non sono mai decollati né sono riusciti a prendere il posto delle Comunità Montane.

Non sono riusciti a far transitare nelle proprie fila i dipendenti, non sono riusciti a farsi carico di servizi essenziali come la gestione delle strade, delle strutture e dei beni delle Comunità Montane. Di fatto, sono enti doppione senza un reale impulso all’attività. A fronte di questo mancato decollo, la liquidazione degli enti comunitari si è arrestata, sebbene la normativa abbia da subito fissato tempi stretti per la dismissione delle Comunità.

A distanza di anni, il timore è che la gestione liquidatoria si protragga per tempi ancora lunghi”. Per chiarire la situazione, nel corso dell’indagine conoscitiva, sono stati chiamati in audizione i Commissari degli Enti montani oltre ad alcuni tecnici, per spiegare nel dettaglio i motivi che ostano alla conclusione delle procedure. Nel frattempo sono stati acquisiti agli atti decreti commissari, affidamenti di servizi, incarichi firmati dai commissari, oltre che le periodiche relazioni che il Servizio Riforme Istituzionali, controllo enti locali e subregionali.

I Commissari alla luce delle audizioni e della documentazione acquisita, hanno quindi evidenziato come siano emersi alcuni nodi da dover dirimere prima di procedere alla conclusione della procedura di liquidazione. Il primo aspetto è legato ai dipendenti. Attualmente – è stato specificato- sono in capo alle Comunità Montane circa 46 dipendenti per i quali si apriranno due strade: transitare presso altri enti territoriali, oppure vedersi collocare in mobilità, ai sensi degli articoli 33, 34 e 34bis del D.Lgs 165/2001.

Al termine dei 24 mesi di mobilità, coloro che non avranno trovato un ente territoriale nel quale lavorare, vedranno cessato il proprio contratto di lavoro. Si tratta comunque di un’eventualità che il Consiglio dovrà assolutamente affrontare prima di procedere con ulteriori decisioni.

Altro nodo che è emerso nel corso dell’indagine – si è sottolineato- è l’impossibilità di dismettere in blocco il patrimonio dei singoli enti comunitari.

All’interno trovano posto centri commerciali mai entrati in funzione, piscine frutto del consorzio di diversi comuni, boschi, strade interpoderali.

Attualmente le gestioni commissariali, o almeno la maggior parte di loro, garantiscono l’ordinaria manutenzione di beni che, però, continuano a deperire e a perdere di valore. Le aste esperite sono andate deserte contribuendo ad impantanare le liquidazioni.

L’ultimo nodo da sciogliere –si è aggiunto nella relazione- resta quello dello svolgimento in forma associata delle funzioni dei singoli comuni.

La legge regionale esiste – è stato ricordato- non ha mai portato al decollo di questi nuovi organismi che dovrebbero prendere il posto delle Comunità Montane, ereditandone compiti, patrimonio e dipendenti. Alcune Unioni sono state liquidate prima ancora di partire. Serve, quindi, una revisione normativa alla luce di quanto avvenuto nel corso degli anni e a partire dall’esperienza molisana.

Senza la possibilità di garantire associazionismo tra i Comuni, non si potrà chiudere definitivamente la liquidazione degli enti montani. A margine di questa analisi (e comunque non secondario come problema)- hanno scritto poi i Commissari- resta la peculiarità della Comunità Montana “Molise Centrale”, ente che si occupa della discarica di Montagano, sito presso il quale conferiscono mediamente 50 comuni della provincia di Campobasso.

Garantire la prosecuzione di tale servizio resta prioritario per l’intera area del Molise Centrale. Alla luce di quanto premesso, la I Commissione ha dunque individuato una serie di punti sui quali avviare la riflessione in Consiglio: · l’avvio delle procedure per la realizzazione dell’Ufficio stralcio al quale delegare la prosecuzione dell’attività liquidatoria con l’individuazione di un commissario unico, con l’eccezione della Comunità Montana “Molise Centrale”; la previsione di un percorso di liquidazione personalizzato per la Comunità Montana “Molise Centrale”;

· la redazione di un Piano unico delle liquidazioni all’interno del quale definire i percorsi da seguire per l’alienazione dei beni, per la loro gestione qualora all’interno siano presenti uffici regionali, per il passaggio di funzioni, per i rapporti con i Comuni (in particolare per le quote associative);

· nel pieno rispetto delle prerogative dei Comuni, enti dotati di propria autonomia, l’avvio di un’interlocuzione con gli stessi per arrivare al processo di mobilità e al successivo transito ad altro ente dei dipendenti;

· la previsione di una ricognizione semestrale dell’attività dell’Ufficio Stralcio;

· per quanto riguarda le competenze dell’Assemblea regionale, l’avvio della revisione della legge regionale 27 gennaio 2016, n. 1 (Disciplina dell’esercizio associato delle funzioni e dei servizi comunali) affinché venga dato nuovo slancio alla possibilità da parte dei Comuni di provvedere alla gestione associata, ereditando una parte delle competenze ancora in capo alle Comunità Montane.

Sempre il Consigliere Di Lucente, infine, ha chiesto ed ottenuto dall’Aula l’iscrizione tra gli argomenti da trattare nella seduta odierna, la proposta di legge n. 134 di iniziativa della Giunta regionale concernente: “Variazione del bilancio di previsione 2020-2022 e modifiche a leggi regionali”. Ha illustrato il provvedimento lo stesso Di Lucente, è seguito il confronto in cui sono intervenuti i Consiglieri Fanelli e Greco.

Nello specifico –come ha spiegato il relatore Di Lucente- il provvedimento prevede l’effettuazione di una variazione di bilancio derivante da alcuni rilievi effettuati in sede di controllo di leggi regionali da parte dei Ministeri competenti per materia, che hanno fatto emergere delle criticità da superare con modifiche sulle quali deve esprimersi il Consiglio regionale. Allo stesso tempo –ha rilevato inoltre il relatore- si è reso necessario apportare modifiche alla legge regionale n. 13/2007 “Modalità di copertura del disavanzo sanitario cumulato fino al 31 dicembre 2006” in modo tale da recepire e chiarire in legge regionale le indicazioni del Tavolo Tecnico per gli adempimenti Piano di rientro debiti sanitari in ordine al valore dei 2 milioni di euro delle entrate regionali derivanti dall’incremento dell’aliquota dell’addizionale regionale all’imposta sul reddito delle persone fisiche e dell’aliquota dell’imposta regionale sulle attività produttive che possono essere utilizzati per la copertura del mutuo di cui alla citata L.R.13/2007. Nell’articolato è previsto anche la modifica a due leggi regionali:

· la lr 30/2009 per rilanciare il settore dell’edilizia (L.R. 30/2009), prevedendo un comma aggiuntivo, che prevede come gli interventi edilizi debbano essere coerenti con il Codice dei Beni culturali, ovvero con le disposizioni di legge in materia, ovvero con quanto stabilito da accordi e specifici protocolli tra Regione e Ministero.

Le medesime disposizioni verranno applicate anche alla legge regionale 25/2008 che disciplina gli interventi per i sottotetti e per i locali seminterrati. · la legge di Stabilità regionale 2020 nella parte dedicata alla caccia, stabilendo in maniera più accurata quali siano i soggetti deputati al controllo dei Piani.

La recrudescenza della pandemia –si specifica ancora nella relazione illustrativa della legge di variazione di bilancio- e la decisione del Governo di contingentare alcune attività commerciali ha comportato a cascata forti problemi all’economia. L’Esecutivo regionale ha quindi varato una serie di interventi, coordinati con quelli in arrivo da Roma, per i quali è necessitato l’adeguamento normativo.

E’ per questo motivo che nel testo della legge è stato inserito un articolo attraverso il quale viene agevolato l’utilizzo del Fondo Rotativo per le imprese di Cassa Depositi e Prestiti. Per utilizzare tale fondo si rende necessario adottare una norma regionale che autorizza le aziende ad attingere a questo budget.

Si tratta di uno strumento di sostegno, che anche altre regioni italiane stanno sperimentando e che si inserisce nel pacchetto di interventi più ad ampio spettro.