Voli cancellati e ritardi: annullata la conciliazione obbligatoria Niente più tentativo di conciliazione obbligatorio per i passeggeri aerei che potranno direttamente andare in giudizio

11 Novembre 2024 0 Di

 

 

 

(PressMoliLaz) 11 Nov 24 Niente più tentativo di conciliazione obbligatorio per i passeggeri aerei che potranno direttamente andare in giudizio per ottenere il risarcimento previsto per voli cancellati o ritardi prolungati. A stabilirlo è il Tar Piemonte che, con sentenza n. 1093/2024 depositata il 28.10.2024 (sotto allegata), mette la parola fine alla delibera dell’Autorità di regolazione dei trasporti dell’8 febbraio 2023 n. 21, nella parte in cui dichiarava possibile proporre ricorso in sede giurisdizionale solo ed esclusivamente dopo aver proposto un tentativo obbligatorio di conciliazione, con evidenti costi aggiuntivi per i consumatori.

Il ricorso, presentato dallo Studio Legale Leone – Fell & C., riguarda il caso di un passeggero che era venuto a conoscenza della cancellazione del proprio volo pochi minuti prima del decollo, senza ricevere alcuna assistenza o opzioni alternative di viaggio da parte della compagnia aerea. Costretto a trovare una soluzione per conto proprio, è riuscito a raggiungere la destinazione solo in serata, mancando così agli impegni che avevano motivato il viaggio.

Ha successivamente inviato un reclamo alla compagnia aerea richiedendo:

• un risarcimento di 250 euro, secondo il Regolamento CE 261/2004;

• il rimborso del costo del biglietto;

• un rimborso per le spese extra sostenute.

Non avendo ricevuto risposta, il ricorrente ha contestato la normativa vigente che richiede una procedura di conciliazione obbligatoria prima di poter avviare una causa legale contro una compagnia aerea. A suo parere, tale obbligo rappresenta un ostacolo inutile e ingiustificato, dal momento che il risarcimento previsto è già definito dal Regolamento CE 261/2004.

In altre parole, il tentativo di conciliazione obbligatorio – istituito dalla delibera dell’Autorità di regolazione dei trasporti – costituisce nei fatti un ostacolo concreto all’esercizio, per i passeggeri, dei propri diritti previsti dalla normativa comunitaria, scoraggiando così il consumatore ad intraprendere la procedura di rimborso, poiché troppo costosa.

Scrivono i giudici: “Dall’analisi del Regolamento comunitario si evince che la “compensazione pecuniaria” debba garantire al passeggero la possibilità di conseguire con maggiore certezza e rapidità il ristoro del pregiudizio sofferto, senza la necessità di affrontare i tempi, i costi e le incertezze di un’eventuale azione giudiziaria, i quali costituiscono innegabilmente un disincentivo a far valere le proprie ragioni in giudizio, anche in considerazione della modesta entità degli importi di cui si discute”.

Secondo il giudice, il provvedimento impugnato, che rende obbligatoria la procedura di conciliazione, limita il ricorrente nella possibilità di rivolgersi subito a un tribunale. Di fatto, se il reclamo fosse respinto, il ricorrente non avrebbe altra scelta se non quella di passare per un organismo di mediazione prima di poter agire in tribunale. Questo “doppio passaggio” impone ulteriori costi e allunga i tempi per ottenere il risarcimento.

Il giudice ha quindi rilevato che questa procedura aggiuntiva non è prevista dal Regolamento dell’Unione Europea applicabile al caso e, anzi, rappresenta un ostacolo ingiustificato che rende più difficile esercitare il diritto alla compensazione pecuniaria sancito dalle normative europee.

In definitiva – concludono i giudici – se per un verso il tentativo obbligatorio di conciliazione costituisce un mezzo idoneo ad alleggerire il cospicuo contenzioso in materia gravante sul giudice ordinario, soprattutto in ragione della plausibile rinuncia da parte di numerosi passeggeri a percorrere l’intero iter extragiudiziale e giudiziale al fine di conseguire l’eventuale pagamento di modesti importi a titolo di compensazione pecuniaria, per altro verso l’accesso alla tutela giurisdizionale da parte dei passeggeri è destinato a soggiacere, per quanto si è fin qui rilevato, a limitazioni che, oltre a porsi in contrasto con la ratio sottesa agli artt. 7 e 15 del Regolamento CE n. 261/2004, paiono sproporzionate”.