
L’inflazione in rallentamento: cosa significa davvero per i consumatori?
6 Luglio 2025
(PressMoliLaz) 06 Lug 25 Dopo mesi di rincari generalizzati e tensioni sui mercati, una notizia fa finalmente tirare un sospiro di sollievo: l’inflazione in Italia sta rallentando. Secondo i dati ISTAT di giugno 2025, l’indice dei prezzi al consumo segna un aumento annuo del 2,1%, in netto calo rispetto al picco del 7,5% registrato lo scorso anno. Ma cosa significa questo dato nella vita concreta di chi ogni giorno fa la spesa, paga affitti e bollette?
Un’inflazione in calo non vuol dire che i prezzi stanno scendendo, ma che aumentano più lentamente. Se un litro di latte costava 1,50 € nel 2023 ed è salito a 1,80 € nel 2024, ora nel 2025 potrebbe costare 1,83 €: un aumento molto più contenuto, ma sempre un aumento.
“La discesa dell’inflazione è una buona notizia in termini macroeconomici,” spiega Elena Ricci, economista presso l’Università di Bologna, “ma per le famiglie i prezzi elevati restano un problema, soprattutto in settori come la casa, i trasporti e i beni alimentari”.
Nei supermercati si registra una leggera distensione. Prodotti come pasta, olio di semi, caffè e zucchero – tra i più colpiti dagli aumenti – stanno vivendo una fase di stabilizzazione. Secondo un’indagine Nielsen, i consumatori continuano però a orientarsi verso i marchi del discount e le private label.
“Non basta che l’inflazione rallenti,” dice Carla Menegatti, madre di due figli e impiegata part-time, “perché gli stipendi sono rimasti fermi e il potere d’acquisto è ancora sotto pressione”.
La Banca Centrale Europea ha mantenuto i tassi fermi per il terzo mese consecutivo, con possibili segnali di un futuro taglio nel secondo semestre del 2025. Buone notizie per chi ha un mutuo variabile, che potrebbe vedere alleggerirsi la rata nei prossimi mesi.
Tuttavia, gli effetti concreti sulle famiglie non sono immediati. Le banche restano prudenti e i criteri di accesso al credito non si sono allentati. Per molti giovani, la casa di proprietà resta ancora un sogno distante.
Un dato poco discusso è che l’inflazione colpisce in modo diverso a seconda del reddito. Le famiglie più povere destinano una quota maggiore del proprio bilancio a beni essenziali, i cui prezzi sono spesso più rigidi. Così, anche con un’inflazione al 2%, l’impatto può essere sproporzionato.
“Non dobbiamo guardare solo la media nazionale,” sottolinea Ricci, “ma anche le differenze sociali e territoriali. In alcune aree del Sud, ad esempio, l’inflazione ‘percepita’ è ancora molto più alta della media”.
Gli analisti sono cautamente ottimisti: salvo nuovi shock esterni (conflitti, crisi energetiche o problemi climatici), l’inflazione dovrebbe mantenersi su livelli gestibili per tutto il 2025. Tuttavia, la ripresa del potere d’acquisto resta lenta e incerta.
Per i consumatori, la parola d’ordine resta una: attenzione. Monitorare le spese, cercare le promozioni, confrontare i prezzi e – laddove possibile – pretendere adeguamenti salariali che tengano conto del costo della vita.