Jacovella, nobildonna italiana del XV sec, vissuta a lungo nel castello di Venafro Triste la sua storia, essendo stata perseguitata ed infine imprigionata dal figlio Ruggero Accrocciamuro

2 Febbraio 2023 0 Di

(PressMoliLaz) Venafro (IS), 02 feb 23 Il Castello di Venafro ? Appena lo si nomina, viene subito in mente il Conte Enrico Pandone (1494/1528) che vi abitò da vero principe, lo impreziosì coi magnifici affreschi a rilievo di cavalli -la sua passione- al piano nobile del maniero di epoca feudale e dalla struttura regnò in zona, prima di essere imprigionato e decapitato nella zona dei Tribunali di Napoli per aver parteggiato per i francesi a scapito degli spagnoli vincitori nella guerra nel meridione della Penisola. Ma non c’è solo Pandone nelle vicende storiche del castello venafrano. Emerge infatti altra importante figura, in questo caso una donna, a sua volta capace di conferire lustro ed importanza al castello venafrano.

Trattasi della nobildonna Jacovella (Celano 1418/Venafro ante 1471), Contessa di Celano e Venafro nonché Baronessa di Carapelle Calvisio, comunemente appellata con nomi diversi quali Iacovella, Jaconella, Jacobella, Iacobella, Giovanna e  Giovanna della Ratta. Cattolica convinta, tanto da dedicarsi a recuperi e restauri di diversi luoghi di culto cattolici a Celano ed altrove, Jacovella (nel citarla di seguito si opterà per il nome più diffuso) ebbe una vita assai tribolata e difficile, culminata con l’avversione nei suoi confronti di uno dei tre figli, che addirittura finì per imprigionarla e destituirla al fine di impossessarsi di potere e proprietà della madre.

La vita della nobildonna, che lasciò la propria impronta anche a Venafro prima dell’avvento di Enrico Pandone, nato e vissuto dopo la scomparsa della donna. Jacovella, bellissima e capace di far innamorare poeti e tant’altri uomini del suo rango che le scrivevano versi assai infervorati, tra cui il nobiluomo Stefano di Wassan che testualmente scrive, “Tra le cose passeggere ne trovo solo una (Jacovella, appunto) tale da rappresentare l’immagine della vita celeste, e cioè l’amore che un evento fisico non altera, una separazione non separa, la distanza del tempo non annulla” (da Lettera a Covella). La donna andò in sposa giovanissima a Odoardo Colonna, impossibilitato però a procreare. Ne scaturì la fuga di Jacovella dalla casa del Colonna per sposare in seconde nozze, grazie all’assenso di Papa Eugenio IV che annullò le sue prime nozze, Jacopo Caldora, quasi 70enne.

Tre mesi dopo però la Contessa si ritrovò vedova, non senza non aver conosciuto il nipote del Caldora, il giovane Lionello Accrocciamurro, col quale si sposò nel 1445 circa, a 27 anni. E finalmente Jacovella divenne madre, mettendo al mondo Ruggero, Pietro ed Isabella Accrocciamurro, prima di ritrovarsi di nuovo vedova nel 1458. Ed esattamente da quel momento in avanti iniziano i problemi per la bella nobildonna che, rimasta vedova, si era rifugiata a Gagliano Aterno per sfuggire alle lotte portategli dal figlio primogenito Ruggero, ambizioso e desideroso di potere e ricchezze. Ed il 17 novembre 1462 Jacovella venne catturata dal figlio e fatta condurre in prigione nel castello di Ortucchio a detta di alcuni o nel palazzo fortificato di Castelvecchio Subequo secondo altre fonti.

Nel mentre il figlio Ruggero non ebbe fortuna, sino ad essere condannato all’esilio per la propria condotta di vita. Solo a quel punto alla Contessa Jacovella venne confermato il Contado di Venafro ed ammessa a risiedere nel castello venafrano, dove morì poco prima (si stima) del 1471, alla presumibile età di 53 anni e non senza dedicarsi a recuperi e restauri di luoghi di culto cattolici da lei tanto amati. “Donna bella, fine ed elegante quindi Jacovella, Contessa di Celano e Venafro, -si legge nei testi a lei dedicati- dall’animo gentile, ma dalla vita alquanto tumultuosa, causa soprattutto il figlio primogenito Ruggero Accrocciamurro, detto anche Ruggerone per il suo carattere violento”.

Questa, la nobildonna Jacovella, la prima importante ospite e padrona del maniero venafrano di cui però pochissimo si dice, anzi nient’affatto ! E giust’appunto se n’è scritto, perché finalmente ci si soffermi con ricerche, approfondimenti e convegni su tale figura di donna. Non solo uomini, in buona sostanza, a fare la storia nelle epoche trascorse del territorio italiano, ma anche importanti esempi del gentil sesso, di cui è opportuno dire e diffondere. Jacovella, Contessa di Celano e Venafro, è un esempio reale in tal senso, per cui è tempo di alzare il velo della dimenticanza e soffermarsi su di lei. Ne trarranno vantaggi certi le future generazioni, una volta dotate della storia completa della loro terra di origine.