Asrem condannata al risarcimento di 50mila euro per mancato risposo compensativo

15 Luglio 2023 0 Di

 

di Redazione

(PressMoliLaz) Termoli (CB), 15 lug 23 Con recente sentenza pubblicata il 10/07/2023, la Corte d’Appello di Campobasso-sez. Lavoro, ha confermato integralmente la sentenza di giudice di I° grado che aveva condannato la ASREM al pagamento in favore della ricorrente-dirigente medico del P.O. di Termoli, rappresentata e difesa dall’avv. Luca Damiano del foro di Vasto, che da anni porta avanti la battaglia per il rispetto dell’orario di lavoro da parte delle Aziende sanitarie in favore del personale della sanità, della somma complessiva di circa € 50.000,00= dovuta a titolo risarcitorio per il mancato riposo compensativo e settimanale.

In tale pronuncia la Corte ha ribadito che il danno nel caso di specie è presunto.

Come osservato dalla Suprema Corte laddove il dipendente in servizio di pronta disponibilità venga chiamato a rendere la prestazione, l’azienda, oltre a corrispondere la maggiorazione prevista dalla contrattazione collettiva dovrà comunque garantire allo stesso il riposo settimanale, a prescindere da una sua richiesta, trattandosi di diritto indisponibile, riconosciuto dalla Carta costituzionale oltre che dall’art. 5 della direttiva 2003/88/CE (Cass., sez. L, n. 6491 del 4.4.2016). Rilevando un interesse del lavoratore che ha una diretta copertura costituzionale, il danno da mancata fruizione del riposo settimanale è presunto e non va provato (cfr. Cass., sez. L, sentenza n. 24563 dell’1.12.2016: “In tema di riposo settimanale, ove la sua fruizione oltre il settimo giorno sia legittima, in base alle previsioni normative di vario livello che disciplinano il rapporto e la specifica organizzazione del tempo di lavoro prevedendo deroghe consentite dalla legge e benefici economici compensativi, la maggiorazione del compenso per la peculiare gravosità del lavoro ha natura retributiva e la prescrizione è quinquennale; qualora, invece, la mancata fruizione del riposo dopo sei giorni di lavoro, in assenza di previsioni legittimanti la scelta datoriale, contrasti con gli artt. 36 Cost. e 2109 c.c. ed il lavoratore proponga una domanda di risarcimento del danno da usura psico-fisica, la sussistenza di tale danno deve presumersi ed il corrispondente diritto, che non ha natura retributiva, si prescrive in dieci anni. Se, poi, il lavoratore assuma di aver subito un ulteriore pregiudizio alla salute o danno biologico, che si concretizza in una “infermità” conseguente all’attività lavorativa continua non seguita dai riposi settimanali, un siffatto danno non può ritenersi presuntivamente esistente, ma ne vanno dimostrati la sussistenza ed il nesso eziologico, a prescindere dalla presunzione di colpa insita nella responsabilità nascente dall’illecito contrattuale”).

Sono tanti gli operatori sanitari che si trovano ad effettuare orari di lavoro non conformi alla disciplina contrattuale in materia, a causa della carenza di personale, che pertanto possono vantare il diritto al risarcimento del danno da usura psico-fisica nei confronti della propria azienda.